Fare carriera a 30 – 35 anni: manager che vogliono affermarsi sul lavoro e non riescono a fare il salto non ne hanno colpa.
La responsabilità è dell’organizzazione e dei modelli di apprendimento che offrono conoscenze e Manager completamente staccati dalla realtà.
Sempre più deprimente la situazione dei Giovani Manager, non più giovanissimi ovvero tra i 30 e i 35 anni, inseriti in aziende che li pompano come fosse la loro ultima possibilità e che in ultima istanza non li fanno crescere mai.
A 30-35 anni non si vedono piani di carriera né prospettive.
Perché la maggior parte delle aziende (non quelle descritte sul web ma quelle vere) non hanno minimamente idea di cosa significhi dare a un manager un prospetto della sua carriera. Un prospetto con tempi e scatti retributivi e di responsabilità commisurate agli obiettivi.
La vecchiaia non si vede dall’età di una organizzazione. Ma da quanto sono “antiche” le persone che la compongono.
Le teorie organizzative non corrispondono minimamente alla realtà.
Quanto si impara nelle Business School è completamente scollato dal business. Insegnato da docenti che non hanno mai visto in vita loro una azienda. L’hanno solo studiata sui libri, libri vecchi scritti anch’essi da altrettanti docenti oramai defunti.
I consulenti si preparano leggendo sintesi e slides di altrettanti riassunti. A loro volta sintesi dei libri scritti dai vecchi docenti defunti oramai. Ancora più paradossale, danno nomi nuovi a teorie morte e defunte. Le diffondono ancora una volta ai vecchi manager attaccati alle sedie delle organizzazioni rivendendole come nuove strategie dai nomi incomprensibili.
I giovani universitari che escono con una Laurea, infine, per sostenere un esame non devono neppure leggere dei libri ma basta che imparino le slides scritte dai docenti, che a loro volta hanno sintetizzato altre slide scritte dalle sintesi di libri vecchi di autori defunti.
Ecco come la filiera della presunta conoscenza delle Aziende e delle loro dinamiche perisce sotto il peso di tutto questo inutile sapere.
I 30enni che si alzano al mattino non trovano corrispondenza alcuna tra la loro vita lavorativa e le persone vecchie dell’ambiente di lavoro.
Puntano a fare carriera. Ma si trovano a parlare con Direttori generali che, a dirla tutta, girano tra le aziende e sono sempre gli stessi. Personaggi che non hanno un Budget per far crescere le persone e che le possono solo tenere appese a progetti e promesse di riorganizzazione e sviluppo organizzativo che non verranno mai.
Per questo la crescita deve essere delegata solo a sé stessi. Bisogna affidarsi a un concreto piano strategico personale, nel quale la propria professionalità e preparazione saranno unica merce di scambio con l’Organizzazione. Rispetto alla quale la preparazione di un giovane manager deve direzionarlo verso il miglior offerente in termini di carriera.
Ruolo atteso e retribuzione sono da richiedersi in modo chiaro. Laddove davanti si abbiano i 50enni attaccati alle poltrone, non chiedersi quale sia l’esempio per noi ma riconoscere che spesso non vi sono grandi esempi ma solo persone che restano dove sono e persone che si muovono in direzione di un progetto di crescita.