Lavorare ed impegnarsi in modo costante porta sempre dei risultati. E porta persone intorno a sé. Alcune di esse, incontrate all’inizio della carriera di lavoro, compagni di Studi universitari, o persone con cui abbiamo fatto i pendolari in treno al freddo o al caldo, o amici incontrati nelle prime esperienze di lavoro con tanto entusiasmo e sogni da realizzare.
Poi per lavoro e per la vita privata a volte le strade si dividono. Ma si resta in contatto. Assieme a queste persone, se si sono fatti dei sacrifici lo si sa bene, ci sono sempre quelli che snobbano i compagni, quelli che hanno già le spalle coperte dalla famiglia e che all’Università arrivano in macchina, tutti stirati e non coi mezzi già appiccicaticci, quelli a cui il Professore magari dice “salutami tuo padre”, quelli che hanno il loro sottogruppo di qualche Club a pagamento e che guardano dall’alto in basso chi si sta sacrificando.
Sono ambienti diversi e gruppi diversi. Ma ci sono anche quelli che snobbano i colleghi durante le prime esperienze di lavoro dove tutti, arrivati pieni di gioia, sono raggianti, in cerca di amicizia e condivisione ovunque.
Sono gli “squaletti” che si tengono a debita distanza e fanno sentire gli altri sempre un po’ inadeguati.
Coloro che producono amarezza in chi li circonda. Da giovani è impossibile capire che lo fanno perché sono loro stessi ad avere timore di essere poco adatti. Una mia Cliente racconta che la prima persona che ha conosciuto quando le hanno fatto un contratto in una prestigiosa Organizzazione, a 28 anni, era una sua coetanea alla quale lei (arrivata allora in quella città) ha chiesto con gioia “cosa fate il week end, ci vediamo?”, immaginando tutto il gruppo di lavoro fosse felice come lei di socializzare.
La collega l’ha guardata dall’alto in basso. Ha risposto al singolare. Ha detto che sarebbe “andava a Sciare”. Il tono era chiaro, non includeva per niente la nuova arrivata.
E’ scioccante a volte l’ingresso nel mondo del lavoro, il non respirare più quel clima di spensieratezza e disinteresse che si ha all’Università.
Poi la vita ed il lavoro rendono più focalizzati, un po’ disillusi magari. Ma sicuramente fanno sì che restino i vecchi amici e che durante la carriera possa ricapitare spesso di sentirsi esclusi ed amareggiati a livello personale. Ed in effetti è importante evitare di avere scontri o relazioni personali controproducenti sul lavoro, lasciandosi snobbare se capita, senza tante storie, fino a quando non si ha acquisito una posizione di coordinamento.
Poi ad un certo punto, anche grazie alla capacità di concentrarsi sul lavoro e non sulle persone, capita che la propria carriera vada avanti, che l’organizzazione valorizzi il proprio percorso dovuto ad altrettanto impegno e costanza nel tempo: anche resistere a lungo è una parte della capacità di fare strada.
Ed eccoli lì, gli “amici di ritorno”, i peggiori.
Se si è diventati persone che è “bene conoscere”, si avranno altrettanti amici di ritorno, ma relazionarsi con loro adesso sarebbe una perdita di tempo.
Quando si fanno delle scelte, tra cui anche quella di non inseguire gli ambienti da cui si viene esclusi, ci si deve fidare di tali scelte anche se sono passati molti anni. Sarebbe un’illusione credere che coloro che non si sono mostrati interessati alla nostra persona in passato, siano sinceri in periodo di carriera.
Meglio lasciar perdere. Gli amici non si avvicinano nel momento del successo ma nel momento in cui nessuno ci conosce.